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«Per uno di quegli gnostici, l’universo visibile era un’illusione o (più esattamente) un sofisma. Gli specchi e la paternità sono abominevoli (mirrors and fatherhood are hateful) perché lo moltiplicano e lo propagano».

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Quasi immediatamente, la realtà cedette in più di un punto.

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Il metodo iniziale che immaginò era relativamente semplice. Conoscere bene lo spagnolo, ritrovare la fede cattolica, guerreggiare contro i mori o contro il turco, dimenticare la storia d’Europa compresa tra gli anni 1602 e 1918, essere Miguel de Cervantes.

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Where a malignant and a turbaned Turk...

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«Il Don Chisciotte» mi disse Menard «fu prima di tutto un libro ameno; adesso è occasione di brindisi patriottici, di arroganza grammaticale, di oscene edizioni di lusso. La gloria è una forma di incomprensione, forse la peggiore».

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Nel sogno dell’uomo che sognava, colui che era sognato si svegliò.

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Con sollievo, con umiliazione, con terrore, comprese che anche lui era un’apparenza, che un altro lo stava sognando.

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Una giocata felice poteva motivare la sua ascesa al concilio dei maghi o l’arresto di un nemico (famoso o intimo) o il fatto di trovare, nella pacifica oscurità della camera, la donna che comincia a inquietarci o che non speravamo di vedere; una giocata sfavorevole: la mutilazione, l’infamia di vario genere, la morte.

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Gli scrivani prestano il giuramento segreto di omettere, di interpolare, di variare.

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Un’altra, non meno vile, argomenta che è indifferente affermare o negare la realtà della tenebrosa corporazione, perché Babilonia non è altro che un infinito gioco di azzardi.

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«Non c’è nessun europeo» argomentava «che non sia uno scrittore, in potenza o in atto».

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Non c’era problema personale o mondiale la cui eloquente soluzione non esistesse in qualche esagono.

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Che io venga oltraggiato e annichilito, ma che in un istante, in un essere, la Tua enorme Biblioteca si giustifichi.

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Tu, che mi leggi, sei sicuro di capire il mio linguaggio?).

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Pensai che un uomo può essere nemico di altri uomini, di altri momenti di altri uomini, ma non di un paese; non di lucciole, parole, giardini, corsi d’acqua, tramonti.

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grigia. C’era in lui qualcosa del sacerdote e anche del marinaio;

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Una circonferenza su una lavagna, un triangolo rettangolo, un rombo, sono forme che possiamo intuire pienamente; lo stesso succedeva a Ireneo con la criniera arruffata di un puledro, un branco di bestiame su una collina, il fuoco mutevole e la cenere innumerevole, le molte facce di un morto in una lunga veglia funebre. Non so quante stelle vedesse nel cielo.

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Io gli replicai che a un gentleman possono interessare solo le cause perse...

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«Possibile, ma non interessante» rispose Lönnrot. «Lei mi risponderà che la realtà non ha assolutamente l’obbligo di essere interessante. Io le ribatterò che la realtà può prescindere da quell’obbligo, ma non le ipotesi.

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La casa non è così grande, pensò. L’ingrandiscono la penombra, la simmetria, gli specchi, i molti anni, il fatto che non la conosco, la solitudine.

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Quelle notti giurai per il dio che vede con due facce e per tutti gli dèi della febbre e degli specchi di tessere un labirinto intorno all’uomo che aveva incarcerato mio fratello. L’ho tessuto ed è solido: i materiali sono un eresiologo morto, una bussola, una setta del XVIII secolo, una parola greca, un pugnale, i rombi di una coloreria.

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Compiuta la sua opera di giustiziere, adesso non era nessuno. O meglio, era l’altro: non aveva un destino sulla terra e aveva ucciso un uomo.

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I molti anni l’avevano ridotto e levigato come fanno le acque con una pietra o le generazioni degli uomini con una massima.

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